Abbiamo scelto di tacere. All’inizio perché eravamo disgustati (e, francamente, anche inca…) non solo da quanto successo, ma anche da cosa è stato detto e scritto così, subito, senza pensare, senza riflettere. Certo si sa, la reazione di pancia è sempre violenta, aggressiva e, molto spesso, anche assolutamente fuori posto, fuori misura e fuori tempo. E così è stato.
Poi è iniziato il periodo delle festività, e non ci è sembrato il caso di parlarne. Abbiamo aspettato che le acque si calmassero.
Ora però ci sembra giusto riportare l’attenzione a dove davvero dovrebbe puntare. Perché pensiamo sia giusto non dimenticare e, soprattutto, esortare il settore a difendersi dalle brutte parole, dalle bieche insinuazioni, dal generalismo che lo vittimizza in toto, senza distinguo, senza remore, senza pudore e senza, soprattutto, un ragionamento logico di fondo.
Ovviamente ci riferiamo ai tanti articoli apparsi sull’incidente accaduto a Torino lo scorso 18 dicembre, costato tre vite.
La lettura evoca sogni, incubi, apre la porta a mondi sconosciuti, oppure permette di scorgere inedite sfaccettature anche in esperienze a noi note. Il racconto e la narrazione sono sempre importanti, le storie sono i mattoni della nostra esistenza. La lettura materializza ombre e miraggi.
Dal 18 dicembre tante (troppe) letture hanno evocato immagini sinistre. Le parole si sono trasformate in avvoltoi che a larghe volute hanno coperto, con la loro ombra, un intero mondo. Il sollevamento è divenuto un deserto cosparso di carogne, alla mercé di grifoni con penne e tastiere a guisa di rostri.
Il piedistallo dell’etica e della morale si è trasformato in un picco andino dal quale improvvisati condor si sono assunti il compito di coprire d’infamia, con la loro possente apertura d’ali, un intero settore, colpevole senza se e senza ma.
Noi non ce la sentiamo di unirci a questo coro gracchiante. Nel momento del dolore per noi è più opportuno il silenzio, la riflessione e non lo scritto che strizza l’occhio alla SEO o a qualunque altro misero traguardo. Le colpe non sono mai collettive, ma individuali, e un intero settore non può essere coperto dall’inquietante ombra di un’opinione scritta nell’etere senza conoscere non solo cosa realmente sia accaduto, ma buttando nel fango anni e anni di sforzi per rendere la sicurezza un bene del settore, condiviso e attuato nei cantieri.
Ci uniamo al cordoglio che il settore ha espresso alle famiglie delle vittime, e siamo solidali con il pensiero che simili cose non dovrebbero mai accadere. Ma ribadiamo con forza che, se gli incidenti accadono, non è colpa di un intero settore. La colpa, se c’è, sta alle autorità cercarla e individuarla.
Emanuela e Cristiano